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L’open office è il format più applicato universalmente nel mondo del lavoro. Le nuove tecnologie hanno trasformato i luoghi di lavoro in spazi fluidi, che privilegiano la condivisione e la comunicazione. Lo Studio Klass di Milano ha progettato una workstation innovativa, Touch Down Unit, ispirata proprio da questi concetti di inclusione e flessibilità.
L’ambiente di lavoro, nel corso dei decenni, ha sempre seguito le attività svolte all’interno dello spazio, lo stile di vita e le tendenze in atto, ma molto spesso si è evoluto considerando più le necessità aziendali che quelle del singolo individuo. Un passaggio importante è stato senza dubbio quello dal cubicle office – una serie ripetuta di postazioni singole, spesso schermate, per favorire la realizzazione individuale – all’open office che, negli ultimi vent’anni, è diventato il format universalmente applicato. Quest’ultimo ha rivoluzionato il modo di concepire l’ufficio, basandosi sul concetto di condivisione, eliminando barriere e pareti per favorire le relazioni umane.
Come spesso accade però, la teoria non è mai del tutto confermata dalla realtà di chi quotidianamente vive l’ufficio aperto, con tutta una serie di difficoltà, distrazioni, rumori e impossibilità di rimanere concentrati a lungo.
La rivoluzione tecnologica non è entrata nell’ufficio contemporaneo in punta di piedi, ma si è imposta nel giro di breve tempo in ambienti che non erano pronti a sopportare un cambiamento repentino – perché spesso datati, obsoleti o comunque pensati con un’altra visione dell’ufficio.
Si è creato, quindi, un rapido disallineamento tra i lavoratori – aggiornati e pronti a ottenere il massimo dalle tecnologie disponibili, quali connessioni veloci, telelavoro e strumenti informatici/digitali che li mettono in contatto con clienti e colleghi in tutto il mondo – e lo spazio di lavoro, in cui erano costretti a vivere quotidianamente, incapace di sostenerli e di adeguarsi a questa mutazione.
Un altro aspetto importante di questa trasformazione è stato il progressivo aumento di figure professionali che non necessitano di essere quotidianamente presenti in ufficio, come manager o collaboratori che prediligono il lavoro da remoto, e si recano in ufficio esclusivamente per meeting o incontri. In questo caso, lo spazio deve essere capace di evolversi e diventare adattivo, adattandosi, appunto, alle esigenze di chi ogni volta vive lo spazio in modo diverso. La possibilità di lavorare da remoto ha rivoluzionato sostanzialmente la configurazione dell’ufficio degli ultimi anni, smaterializzando quasi del tutto le classiche postazioni fisse in favore di soluzioni aperte, le cosiddette postazioni non assegnate.
Negli ultimi anni, la tecnologia è diventata parte integrante delle nostre vite e del nostro modo di lavorare, cambiando profondamente sia gli strumenti utilizzati sia le modalità con cui le persone si relazionano.
Tra i vari professionisti che ruotano attorno all’ufficio contemporaneo ve ne sono svariati che collaborano come freelance o consulenti esterni – e non hanno la possibilità di avere uno spazio dedicato all’interno dell’ufficio. Questa tipologia di lavoratori esterni rappresenta, ormai, una risorsa indispensabile per l’attività e il successo di un’azienda. Professionisti che, seppur non sempre fisicamente presenti, partecipano a tutti gli effetti al lavoro complessivo. Si crea quindi una situazione di stress per queste figure, che si trovano a dover collaborare con un’azienda che però non riesce a rispondere alle loro necessità, costringendoli a lavorare in luoghi non adatti al compito svolto.
L’esigenza di questi professionisti di avere un riferimento fisico all’interno dell’azienda diviene, quindi, non solo una questione funzionale ma anche un supporto psicologico indispensabile, un contributo da parte dell’azienda per mostrare loro che sono parte integrante di un gruppo. È così che il progetto Touch Down Unit di Studio Klass per UniFor ha preso forma, proponendo un prodotto innovativo per gli ambienti di lavoro.
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