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La Biennale di Venezia di quest'anno, dal titolo Il Laboratorio del Futuro , segna un mutamento decisivo in ciò che dell’architettura viene celebrato e stabilisce un nuovo obiettivo per l’intera professione. Con il suo lavoro sul complesso centrale dell’Arsenale, la curatrice Lesley Lokko ha portato alla ribalta aspetti della professione precedentemente sottorappresentati, dando spazio a partecipanti più giovani (con un'età media di 43 anni), a una maggiore rappresentanza del continente africano e della sua diaspora, che costituiscono oltre la metà dei partecipanti alla Biennale, e a un numero maggiore di donne rispetto agli anni precedenti.
Mettendo in secondo piano la voce dei classici archistar, maschi e bianchi, Lokko ha invitato alcuni "Ospiti dal Futuro" a esporre le loro opere contemporanee, per offrire un prezioso trampolino di lancio a professionisti all’inizio della carriera. Una scelta che ha visto la Biennale arricchirsi di nuove rappresentazioni e temi di indagine attuali. Niente più scintillanti modelli in scala all'Arsenale: vediamo invece un campo operativo più ampio che comprende l'arte, la performance, la tettonica, il tessile e il cinema, sostenuti da una ricerca rigorosa che si propone di minare l'egemonia coloniale, capitalista e patriarcale del settore. La Biennale si trasforma così in un’esperienza sempre più stimolante.
Con l’apertura a una visione più ampia di cosa sia l’architettura, ci viene presentata un'indagine inclusiva delle diverse forme di lavoro svolte sul campo, in cui si approfondiscono i vari tipi di intervento a disposizione dei professionisti per sfidare le modalità di pratica tradizionali. Un esempio di questo processo è il lavoro di Tara e Lanre Gbolade dedicato alla ristrutturazione di un club di domino a Brixton, nella zona sud di Londra, frequentato dalla comunità caraibica. Il loro Gbolade Design Studio ha adottato i principi della co-progettazione, privilegiando l'ascolto e usando la propria influenza per dar voce agli utenti del club.
La presentazione di questo progetto alla Biennale, un tema trascurato dedicato a un gruppo demografico sottorappresentato, punta i riflettori sull'immensa rete di valori che in precedenza erano esclusi dalla Biennale, causando un impoverimento della professione. L'obiettivo dei Gbolade non è quello di creare un prodotto finale ripetibile o santificare il processo da cui è nato, ma di cambiare il modo di lavorare per sviluppare progetti più aperti, pluralistici, stimolanti e permeabili. È una questione di metodo, non di prodotto.
In altri contesti, ci viene ricordata l’importanza di utilizzare gli strumenti della professione per raggiungere obiettivi che vanno al di là della costruzione, per un’architettura in grado di rivelare ciò che è stato deliberatamente nascosto, trascurato o ignorato. Grazie alla combinazione di modelli 3D, documentazione sulle normative edilizie, tecniche di mappatura e analisi della zona, lo studio Killing Architects di Alison Killing racconta e documenta le storie strazianti dei musulmani dello Xinjiang prigionieri nei campi di detenzione cinesi, storie che altrimenti non avrebbero potuto essere raccontate (o comprovate). La comprensione dal punto di vista architettonico è essenziale per queste indagini: davanti a questioni di vita e di morte, l'applicazione più tradizionale di questi strumenti sembra quasi ridicola.
Killing Architects
Investigating Xinjiang’s Network of Detention Camps
18. Mostra Internazionale di Architettura - La Biennale di Venezia, The laboratory of the Future | PH: Marco Zorzanello | Courtesy: La Biennale di Venezia
La Biennale è ricca di narrazioni di natura non umana, che ci invitano a una riflessione più profonda sul ruolo dei grandi ecosistemi che abitiamo, come nel padiglione del Cile, curato da Camila Marambio. Un campo scintillante di sfere piene di insetti e materiale organico racconta di una riparazione e di un restauro ecologico, più che sociale, economico, spaziale o materiale, delle città e dei paesaggi come azione essenziale per un futuro sostenibile. Il lavoro multimediale di Thandi Loewenson sull'interdipendenza tra architettura, proprietà del terreno, estrazione e ed ecologia in Africa, dal titolo The Uhuru Catalogues, accresce la consapevolezza dei molti intrecci storicamente ignorati dal settore.
Grazie a un percorso tra pannelli di grafite intricatamente intagliati e accompagnati da un filmato, ci troviamo di fronte alle ineluttabili conseguenze legate all’uso di alcuni materiali e alle strutture che perpetuano. La pratica dell’architettura è chiamata a rispondere del suo colonialismo intrinseco e continuato. Allo stesso modo, un'installazione dell'Office for Political Innovation ripercorre il modo in cui la ricerca della "brillantezza" per le facciate autopulenti degli Hudson Yards di New York ha avuto un impatto sociale catastrofico sulle comunità vicine al progetto minerario di titanio Xolobeni in Sudafrica, costringendoci a riconoscere le conseguenze devastanti dei vecchi modelli di lavoro, in precedenza esaltati dalla Biennale, per il Sud del mondo.
Saper riconoscere le diverse prospettive in architettura porta ad ampliarne e ad arricchirne l’ambito. Il Laboratorio del Futuro ci spinge a considerare l'impatto a lungo termine dei progetti architettonici, ad allargare le nostre reti assistenziali spingendoci al di là del loro contesto immediato e fino alle generazioni successive, usando la creatività per superare le sfide che ci troviamo davanti. La Biennale dimostra che esistono altri modi di lavorare e fare architettura, ci invita ad andare oltre gli ostacoli e le limitazioni della pratica tradizionale e a contemplare ciò che possiamo imparare per costruire un futuro più equo per il settore.
CHILEAN Pavilion
18. Mostra Internazionale di Architettura - La Biennale di Venezia, The laboratory of the Future | PH: Marco Zorzanello | Courtesy: La Biennale di Venezia
Per celebrare i 90 anni di Molteni&C, Rizzoli New York pubblica ‘Molt eni Mondo - An Italian Design Story’, disponibile in tutto il mondo da settembre 2024.
The mural is an art form that engages directly with space.
A Milano la più grande collezione al mondo
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